giovedì 12 novembre 2009

venerdì 23 ottobre 2009

Chi era padre Covi s.j.?

E' salito alla casa del Signore, Padre Antonio Covi s.j. anima fondatrice del Cineforum Antonianum.

Il funerale sarà celebrato Venerdì 23 ottobre 2009 alle ore 15,00 presso il Duomo di Padova.

Chi era padre Covi s.j.?

Un amante delle cose belle e del cinema, convinto che il cinema potesse essere un mezzo per arrivare a Dio.
Generazione di studenti universitari dell'allora collegio Antoninianum si sono appassionati al cinema grazie a lui.

PADRE COVI E IL "CINE - CLUB PADOVA"

IN PADOVA NEL 1931, ALCUNI STUDENTI INIZIARONO, CON UNA MODESTA CINEPRESA DA 9,5 mm, UNA ATTIVITA' CINEAMATORIALE DI PRODUZIONE DI FILM A SOGGETTO. DOPO I PRIMI TENTATIVI FU DECISO DI COSTITUIRE UNA REGOLARE ASSOCIAZIONE. COSI' IL 1° GENNAIO 1932 GUIDO PALLARO, ANTONIO COVI E DODI CALCAGNO FONDARONO IL "CINE-CLUB PADOVA". SIGLATO C.C.P., SI CREDETTE, IN TEMPI RECENTI, CHE TALI LETTERE RAPPRESENTASSERO LE INIZIALI DEI COGNOMI COVI, CALCAGNO E PALLARO, MA QUESTA INTERPRETAZIONE E' DEL TUTTO INFONDATA. IL PRIMO TESTO, PUBBLICATO NEL MONDO, SUL CINEMA AMATORIALE HA PER TITOLO "CINEMA SPERIMENTALE" (COME VENIVA DENOMINATO ALLORA IL CINEAMATORISMO). l'autore e' Domenico PAOLELLA (EDizioni O.E.M. NAPOLI 1937) e RIPORTA CHE IL CINE CLUB PADOVA E' IL PIU' VECCHIO CINECLUB D'ITALIA E UNO DEI PRIMI 4 SORTI NEL MONDO.

mercoledì 23 settembre 2009

Stagione 2009-2010





Ecco a voi il programma per la stagione 2009/2010.
I prezzi sono rimasti invariati rispetto alla scorsa stagione, così come i giorni delle proiezioni.
Le prevendite avranno luogo nei giorni 12 e 13 ottobre (giorni del primo film in cartellone), a partire dalle ore 19.00 e fino all'inizio dello spettacolo.
Diffondete la notizia e linkate il nostro sito!

giovedì 17 settembre 2009

Il nostro sponsor !!


Dato che il Cineforum Antonianum versa in una situazione patrimoniale tendente al rosso vivo, quest'anno ci siamo messi a caccia di qualche anima pia che finanziasse il nostro amato cineforum. Il logo accanto testimonia che qualcuno s'è fatto avanti, visto che gli amici Riccardo e Corrado della "Jin Dojo", palestra/centro culturale in zona montà quest'anno saranno sponsor ufficiale della stagione 2009/2010 (a proposito, aspettatevi a breve il programma).
Se siete interessati a imparare un'arte marziale, partecipare a corsi di lingua o pittura, fate un salto da loro. tiè, vi lascio pure il direct link.

http://www.jindojo.it/

sabato 12 settembre 2009

FESTIVAL DEL CINEMA. VENEZIA 2009

Ecco il microscopico resoconto di un'intensa settimana alla mostra del cinema. Ognuno dei film che ho visto meriterebbe di essere trattato a parte, ma per risparmiare a tutti (me compreso) tempo e fatica, procedo con la seguente divisione: top five, flop five, più qualcosa nel mezzo. Il resto rimane nella normalità. Se avete domande sono pronto a informarvi di più.



TOP FIVE (in ordine sparso i film a mio avviso più validi):
1. Celda 211(Cella 211), di Daniel Monzón, Spagna, sezione Giornate degli Autori.
Come in un giorno cambia drasticamente la vita serena di Juàn, guardia carceraria che il giorno prima di prendere servizio è suo malgrado coinvolto in una rivolta dei detenuti dalle ripercussioni catastrofiche. Rimasto chiuso per errore all'interno della prigione, vedrà la sua vita prendere percorsi inaspettati e il suo carattere mutare completamente indole. Ottimo ritmo e protagonisti perfetti (Juàn e Malamadre, capo dei rivoltosi); un film intenso che si interroga sulla futilità della pretesa dell'uomo di giudicare ciò che è giusto o sbagliato. Potente.
2. Harragas, di Merzak Allouache, Francia, sezione Giornate degli autori.
La storia di un gruppo di "bruciati", gli harragas, che fuggono via mare dall'Algeria per approdare da clandestini in Europa; le loro vite sospese tra l'impossibilità di restare in patria, i rischi della traversata e la paura di essere scoperti all'arrivo; una barca alla deriva che tira fuori il meglio e il peggio degli uomini. Temi drammatici e attuali emergono da una regia sobria e calma che senza cadere mai nel patetico appassiona e coinvolge. Uno dei migliori tra i diversi film recenti sull'immigrazione.
3. Capitalism: A Love Story, di Michael Moore, USA, sezione In Concorso.
Come la crisi economica che ha sconvolto l'America e il mondo affondi le radici nel modello capitalista statunitense, nelle sconsiderate politiche della Casa Bianca, nei suoi affari con le lobbies di Wall Street e delle banche. Docufilm in pieno stile Moore, paladino dei diritti degli sfruttati e accusatore dei potenti. Ottimo montaggio; appassionato e commovente.
4. Gordos, di Daniel Sànchez-Arévalo, Spagna, sezione Giornate degli Autori.
Terapia di gruppo per vincere l'obesità attraverso la scoperta delle paure e dei veri motivi che la provocano; commedia dolce-amara, in cui il peso è una scusa per entrare nelle storie segrete delle persone. Buon equilibrio tra momenti delicati e risate; dura due ore, ma passano molto in fretta. Grasso è bello.
5. The Road, di John Hillcoat, USA, sezione In Concorso.
Dal libro, premio Pulitzer 2007, di Mc Carthy, il viaggio di un padre e un bambino in una America postapocalittica senza dio, dove la natura e l'uomo si sono evoluti in peggio. Film struggente, pugnalante, che si chiede fino a che limite possiamo definirci umanità. Fedelissimo al libro, lo utilizza senza variazioni come una sceneggiatura. La tragedia dei singoli individui, privati anche dei nomi, si fa tragedia universale.

FLOP FIVE (film che se stavo a letto a dormire era meglio):
1. Good Morning Aman, di Claudio Noce, Italia, sezione Settimana della Critica.
Le vite di Aman, giovane somalo che vive a Roma, e Teodoro, pugile in depressione, si incrociano e condizionano a vicenda. Tutto è debole, dallo sviluppo della sceneggiatura, ai dialoghi inconcludenti, alle riprese troppo lente. Sonno profondo.
2. Domaine, di Patric Chiha, Francia, sezione Settimana della Critica.
Lo strano rapporto di dominio e dipendenza tra un giovane e la zia alcolista. Piuttosto che guardare il film è meglio seguire l'esempio della zia e andare al bar.
3. Apan (The Ape), di Jesper Ganslandt, Svezia, sezione Giornate degli Autori.<
I sensi di colpa e le crisi di un assassino nel giorno in cui ammazza la moglie e prova ad ammazzare il figlio (e forse anche la madre), anche se ogni scena di violenza rimane fuori da ciò che vediamo. Un unico personaggio, con la camera sempre puntata addosso. Pure regista e attore, presenti in sala, sembrano imbarazzati.
4. Metropia, di Tarik Saleh, Svezia, sezione Settimana della Critica, Evento Speciale.
Film di animazione su un futuro triste in cui gli individui sono ipercontrollati da tv e pubblicità, a tal punto che ognuno ha un addetto di call centre in collegamento diretto con la propria mente. Animazione pesante, molto lento. Grigio.
5. Je suis heureux que ma mère soit vivante, di Claude e Nathan Miller, Francia, sezione Giornate degli Autori.
Ragazzo ritrova la madre che lo aveva abbandonato da piccolo; diviso tra la famiglia adottiva e la vera madre, intraprende un avvicinamento verso quest'ultima, ma una riconciliazione è possibile solo dopo un atto estremo, che cancella tutti i rancori. Film sul rapporto madre-figlio e sulla ricerca dell'identità. Il migliore dei flop, comunque lungi dall'essere bello.

QUALCOSA NEL MEZZO (due parole su film particolari che normalmente non si vedrebbero):
1. Pepperminta, di Pipilotti Rist, Germania, sezione Orizzonti.
Film coloratissimo e pazzesco, fuori dai canoni, quasi una sessione di cromoterapia.
2. La Horde, di Yannick Dahan, Francia, sezione Giornate degli Autori.
Zombie-movie nelle banlieue francesi, in assoluto uno dei più emozionanti del genere. Tripla standing ovation in sala durante la proiezione
3. My son my son what have you done, di Werner Herzog, USA, sezione In Concorso.
Arresto di un pazzo matricida. Prodotto da David Lynch, sembra quasi uno dei suoi film.
4. Yi ngoi (Accident), di Soi Cheang, Cina-Hong Kong, sezione In Concorso.
Team di killers su commissione che uccidono provocando complicatissimi incidenti.
5. Det Enda Rationella (A Rational Solution), di Jörgen Bergmark, Svezia, sezione Settimana della Critica.
Commedia amara sull'adulterio di coppie ultracinquantenni e su come superarlo o meno.
6. Dowaha (Buried Secrets), di Raja Amari, Tunisia, sezione Orizzonti.
Fiaba distorta e malata su una famiglia (madre e due figlie) autosegregata in casa.
7. Ehky ya Schahrazad (Scheherazade, Tell Me a Story), di Yousry Nasrallah, Egitto, sezione Fuori Concorso.
Le Mille e una Notte ai giorni nostri, spaccato della donna nel mondo islamico.
8. Viajo porque preciso, volto porque te amo, di Marcelo Gomes e Karim Ainouz, Brasile, sezione Orizzonti.
Finto reportage, parte lento e solitario ma è in crescendo. Poetico.
9. Valhalla Rising, di Nicolas Winding Rfn, Danimarca-UK, sezione Fuori Concorso.
Guerriero vichingo orbo e muto dalla forza sovrumana conduce una spedizione in una terra senza dei. Metafisico.
10. Tetsuo the Bullet Man, di Shinya Tsukamoto, Giappone, sezione In Concorso.
Film cyberpunk su un uomo che scopre di essere un androide super-armato. Metallico.
11. Life During Wartime, di Todd Solondz, USA, sezione In Concorso.
L'America degli psicofarmaci post 11/9 nella storia di una famiglia complicata, attraverso gli occhi di un bambino in ricerca. Da non perdere.

venerdì 24 luglio 2009

Franklyn



Ieri cinema estivo con Franklyn di Gerald McMorrow. Con Eva Green, Ryan Phillippe, Sam Riley, Bernard Hill, Jay Fuller. Drammatico, durata 98 min. - Francia, Gran Bretagna 2008.



Se lo facessimo al cineforum Antonianum la gente uscirebbe all'intervallo! Infatti prima di capire in che modo i personaggi di questo film siano in relazione bisogna aspettare circa un'ora... personaggi che sembrano vivere non solo in città diverse (Londra e Meanwhile city -> in italiano la città di mezzo) ma anche in mondi diversissimi.

Se si ha pazienza e se ci si lascia trasportare dalle belle inquadrature direi che il film vale la visione. L'uso dei colori per sottolineare i vari contesti in cui si svolge l'azione è piuttosto interessante e la pecca più grande e forse quella di limitare le interazioni tra i personaggi agli ultimi 20 minuti.

Mi sarebbe piaciuto vedere il buon JJ Abrams di lost, costruire il film. Avrebbe disseminato rimandi e citazioni incrociati che l'avrebbero reso forse più interessante fin dall'inizio.

martedì 7 luglio 2009

Stagione 2008 2009

Cominciamo una piccola parata delle vecchie stagioni, sto recuperando le altre dal nostro vecchio sito, appena le recupero le metto a disposizione.

sabato 4 luglio 2009

Cineforum Antonianum un pò di storia - parte I

Da "RICORDARE E RACCONTARE"
La vita del Collegio negli Ultimi Anni
Collegio Universitario Antonianum
Articolo di Michela

Il Cineforum



Mi è stato chiesto di raccontare gli avvenimenti del Cineforum degli ultimi vent’anni. Non so da dove cominciare perché ogni anno è stato un anno a sé ed è difficile separare la storia del Cineforum dalla mia storia. Per questo chiedo già anticipatamente venia.
Il Cineforum Antonianum è stato fin dal suo nascere un importante appuntamento cittadino e vi sono cresciuti al suo interno generazioni di studenti e di adulti. Ogni anno si è cercato di scegliere non solo film “di cassetta” ma anche film con un contenuto che potessero dar vita a un dibattito. Anno dopo anno siamo cresciuti e abbiamo cercato di migliorarci.
Negli anni 80 il Cineforum comprendeva 3 sezioni una sezione al martedì pomeriggio per gli studenti liceali e due sezioni al martedì e al mercoledì sera per gli studenti universitari. La sezione liceale era organizzata quasi completamente da un gruppo di ragazzi liceali che, armati da un forte entusiasmo e conoscendo come e che cosa poteva interessare i propri coetanei cercava di approntare un programma avvincente. Mi ricordo che facemmo delle lunghe discussioni per capire qual era il mezzo per pubblicizzare l’iniziativa: il risultato fu che facemmo delle locandine quasi interamente a mano, colorandole con i pennarelli. Inoltre con banchetti ci ponevamo all’uscita delle maggiori scuole e facevamo le tessere in loco: il risultato premiò il nostro impegno perché nel giro di due/tre anni riuscimmo ad avere quasi trecento iscritti, solo in questa sezione. Poi a poco a poco, considerando anche il sempre maggior numero di impegni dei ragazzi, dovemmo arrenderci all’evidenza e decretare la fine di questa terza serata a metà degli anni ‘90. I film che facemmo in quegli anni ( i Blues Brothers, Fuga per la vittoria, Momenti di Gloria, Bolero e molti altri) mi sono rimasti ancora nel cuore. I dibattiti finali erano il banco di prova per i presentatori che se riuscivano a interagire bene con il pubblico veniva “premiati” passando alle serate degli universitari. Mi ricordo ancora quando un ragazzo universitario, alla sua prima esperienza, ebbe un momento di panico perché doveva parlare al microfono. Fu un momento imbarazzante per tutti ma il pubblico capì e lo incoraggio.
Nel 1990 l’impegno di tutti si coronò nell’installazione dell’impianto “Dolby Stereo” nel teatro. Era la seconda sala Cinematografica di Padova ad avere questo importante sistema sonoro che, grazie a più di dieci casse distribuite all’interno del teatro, permetteva di vivere la proiezione avvolti dai suoni. Questo impianto realizzato grazie all’accurata gestione dei fondi che ci provenivano dai tesseramenti e da un Contributo del Ministero dello Spettacolo si tradusse anche in una massiccia affluenza nelle serate di proiezione. Gli anni Novanta sono stati gli anni d’oro del Cineforum. Una situazione cittadina, dovuta alla chiusura della maggior parte dei cinema parrocchiali per ristrutturazione, il nuovo sistema sonoro, la programmazione oculata ed interessante fece si che avere la tessera del Cineforum era un privilegio. Ad inizio stagione le tessere in prevendita venivano esaurite nel giro di tre giorni: risultato 900 iscritti per anno. Il mondo universitario cittadino si dava appuntamento al martedì e al mercoledì sera all’Antonianum.
In quegli anni sono stati proiettati e commentati i film di W.Allen, Kurosava, Moretti, Avati, Tavernier, Fellini, Branagh, Benigni, Coen, Almodovar, Kitano, Lynch, Tornatore, Loach , Spielberg, tutto il decalogo di Kieslowski e molti altri.
Almeno una volta per stagione cercammo di proporre qualcosa di particolare: nel 1988 abbiamo proposto un ciclo giapponese tra cui Tokio Ga di Wenders, un film del regista Ozu (recitato in giapponese con sottotitoli in inglese)e Mishima di Shrader. Ancora oggi chi c’era allora se lo ricorda.
Nel 1992 un ciclo di film con testi teatrali: Amleto, Cyrano di Bergerac e Rosencratz e Guildenstern sono morti. il commento di uno spettatore fu: “Dio ti ringrazio che sono morti!”
Nel 1993 il film “ Il muro di Gomma” di M. Risi sulla disgrazia di Ustica fu l’occasione per rileggere gli avvenimenti con l’aiuto di Gabriele Coltro, giornalista del Gazzettino, che da anni indagava per conoscere la verità.
L’attività del Cineforum non si ferma però solo alle serate cinematografiche ma cerca di andare oltre considerando anche il modificarsi del panorama delle comunicazioni.
Nel 1987 e 1988 si tenta la produzione di un cortometraggio con la super visione di Padre Covi s.j.. Il corso fu sia teorico che pratico ed fu diviso in quattro sezioni: sceneggiatura, regia, recitazione e tecnica. Ci furono lezioni di dizione, di recitazione, di illuminazione e di montaggio.
Alcuni Corsi di cultura audiovisiva sono stati raccolti in quaderni: nel 1990 “Dal Cinema alla videorealtà: spettacoli e spettatori dentro e fuori la TV”; nel 1991 “Cinema, televisione, società”; nel 1992 “Cinema e racconto”; nel 1993 “Cinema, l’immagine e il suono”.
Tutti i corsi sono tenuti da prestigiosi relatori che esercitano il loro sapere nell’università di Bologna, Milano, Padova o fanno parte di circoli o associazioni cinemaografiche.
Nel 1993 organizziamo un convegno di due giorni su “Il cinema come strumento di educazione interculturale”, organizzato con il Cinit , Ipsia Ruzza di Padova e l’Irsae Veneto, con la partecipazione di Mohamed Soudani, regista tunisino vincitore con “Bel nome del Cristo” del Festival del Cinema Africano di quell’anno, e la proiezione in anteprima del film Rabi di Gaston Kaborè – Burkina Faso – scelto dall’UNESCO per il convegno Mondiale sull’Ecologia del 1992 in Brasile.
E in tutto questo i ragazzi del Collegio sono tutt’oggi preziosissimi per la buona riuscita della stagione. Il loro entusiasmo e la loro partecipazione ci tengono ancorati alla realtà studentesca e sono il nostro metro per capire quali sono i film, i temi che interessa sviluppare. Gli studenti inoltre che fanno parte dell”Esecutivo” aiutano a far funzionare la serata. Ognuno ha un’incarico specifico ed è fondamentale nel suo compito. Fino a qualche anno fa c’era infiltrato tra il pubblico anche chi aveva il compito di rompere il ghiaccio durante il dibattito. Questo incarico “costringeva” lo studente ad approfondire il film leggendo schede e commenti che trovava nelle varie riviste cinematografiche raccolte all’interno della Biblioteca “Magni”. Mi ricordo ancora quando una volta, in assenza di un presentatore, uno studente del Collegio con incarico interventista, si alzò in piedi prese con coraggio il microfono e presentò il film instaurando un dibattito con il pubblico.
Altri studenti hanno dato un importante contributo nella stesura del Notiziario. Piccola rivista che viene consegnata all’inizio dell’anno in cui sono raccolti commenti e critiche dei film in programma. I primi notiziari furono dei ciclostilati battuti a macchina e semplicemente rilegati e raccoglievano quattro/cinque film cosicchè in un anno si avevano due o tre libretti. Poi si decise di fare un unico fascicolo all’inizio dell’anno. Nel 1994 il notiziario cambia grafica, colori e forma. Infine nel 2001 decidiamo di dar ancora maggiore importanza ai contenuti e alla rilegatura del nostro Notiziario che diventa un piccolo libro, nella speranza di iniziare una piccola raccolta.
Volutamente in questo mio escursus non ho fatto nomi perché tanti sono state le persone che hanno collaborato negli anni e rischiavo di fare il torto a qualcuno.
Il cineforum è ancor’oggi una importante realtà cittadina, forse in questo momento si sente un po’ impolverata dagli anni, ma per molti di noi, che ci hanno creduto e si sono impegnati, è stata fondamentale anche per la nostra crescita personale: abbiamo imparato a leggere un film a non rimane passivi di fronte ad una proiezione, abbiamo imparato la tempistica per mettere una dietro l’altra le cose da fare per far partire la stagione cinematografica, a dare il giusto spazio all’iniziativa di chiunque avesse voglia di collaborare, ci siamo responsabilizzati a poco a poco.
So che questo mio scritto è incompleto e parziale, ma volevo solo farvi assaggiare la ricchezza di questi ultimi vent’anni del Cineforum Antonianum.

Cineforum Antonianum un pò di storia - parte II




Cineforum dell’Antonianum un pò di storia

Dopo esser stato, nei mesi precedenti l’aprile del 1945, un crocevia di rifugiati e cospiratori, e una centrale delle trattative per la resa degli occupanti tedeschi, il collegio universitario Antonianum riprendeva la propria attività istituzionale di formazione. Nella primavera del 1946 sotto la guida di padre Babolin un gruppo di studenti si riunì per proiettare e discutere un ciclo di film sovietici, tra i quali non poteva mancare La corazzata Potemkin di Sergej Ejzenstein: era questo il primo germe del “Cineforum”, sul modello di quelli che il domenicano padre Morlion aveva fondato a Bruxelles e a Roma. Tra i primi cultori del cinema che prestarono la loro opera vi furono i giovani del Centro Universitario Cinematografico (CUC): Toto Lugli, Gianfranco De Bosio e Piero Tortolina. Dopo la stagione sperimentale, nel 1947 il primo organico programma fu inaugurato dal film di De Sica I bambini ci guardano, girato tra il 1943 e il 1944, un tenero ritratto dell’infanzia che prelude a Sciuscià e Ladri di Biciclette.
Le proiezioni avevano luogo nella sala delle conferenze e rappresentazioni, all’interno dell’edificio liberty progettato da Gino Peressutti nel 1904, finché nel 1952 non fu inaugurata la nuova “Sala Accademica”, più nota come Teatro Antonianum.
Oltre agli interventi di padre Carlo Messori, i dibattiti erano giudicati da specialisti esterni alla sede di Padova, come Nazareno Taddei (già studente e catechista nella periferia padovana negli anni del dopoguerra) e Antonio Covi, due gesuiti che da anni si interessavano alla critica cinematografica.
Quest’ultimo, padovano, dirigente dell’Azione Cattolica e tra i fondatori del cine-club “Padova”, si era laureato nel 1940 con una tesi sull’estetica del film, subito pubblicata nella rivista “Bianco e Nero”. Prima della guerra aveva realizzato alcuni documentari (Gli allegri spiriti, L’incontro, Un povero diavolo, Uomini del Fiume, Oasi) e aveva frequentato i corsi di regìa del Centro Sperimentale di Cinematografia assieme a De Santis e Antonioni. Fattosi gesuita nel 1945, era stato tra gli organizzatori a Milano del Centro Culturale S. Fedele e dirigeva il cineforum dell’Istituto “Leone XIII”, collaborava inoltre come critico letterario e cinematografico alla rivista “Letture” e aveva appena pubblicato La critica estetica del film.
Il ritorno di padre Covi a Padova nel 1959, per dirigere i dibattiti del cineforum, giunto al tredicesimo anno di attività, è salutato dalla stampa locale come un riconoscimento del livello culturale e del successo dell’iniziativa. Tra le novità che si accompagnano all’arrivo di padre Covi sono da segnalare l’apertura di una biblioteca dedicata al cinema, l’istituzione di un corso per direttori di dibattito e la decisione di escludere dalla programmazione i film classici, principalmente quelli muti, per privilegiare “un panorama fresco e vivo della migliore produzione attuale” (“Il Gazzettino”, 26-10-1959).
Il programma di proiezione del 1959-60 prevede una serie di tre cicli di film con tematica comune: il primo considera il cinema “come documento di costume sociale”, il secondo si occupa degli “ideali dell’uomo moderno: vie false, vie vere”, il terzo della “problematica dell’amore: ideali e crisi”. Tra i registi (“sicuri nomi del cinema mondiale”, “Avvenire d’Italia”, 26-10-1959) figurano Bresson, Ritt, Castellani, Rossellini, Kubrick, Wyler, Monicelli, Ford, Truffaut, Dreyer, Germi (…). Ad inaugurare la rassegna è scelto il film del regista indiano Satyajit Ray Aparajiito, Leone d’Oro del XVIII Festival di Venezia, non ancora programmato a Padova; per presentarlo e discuterlo, assieme a padre Covi e all’avvocato Belloni, viene da Roma il gesuita Enrico Baragli, che si occupa di cinema sulla “Civiltà Cattolica”. Al tavolo siedono anche, in qualità di testimoni ed esperti, due studenti indiani (uno di religione induista) ospiti del CUAMM.
L’anno dopo viene dedicata una “personale” a Ingmar Bergman, di cui viene proiettato per primo Il settimo sigillo, seguito da una discussione tra padre Covi, Alberto Bertolini del “Gazzettino”, il prof. Santinello, docente di filosofia, e l’avvocato Giancarlo Rossi. Il resoconto giornalistico, molto partecipato, di Vito Peschechera si avvia dalla riunione del “piccolo mondo degli amanti del cinematografo della città” per arrivare a un ardito paragone tra “l’intaglio ligneo dei personaggi di Bergman” e “la statuaria freddezza di quelli di Dreyer” e concludere con una nota sul pubblico “sfollato lentamente”, mentre “alcuni gruppetti si sono attardati all’esterno per discutere ancora sull’esistenzialismo di Bergman” (“Il Gazzettino”, 18-11-1960)
La formula di base del cineforum prevede la presentazione del film prima della proiezione, l’intervento di esperti dopo la proiezione, le domande del pubblico e la conclusione da parte del direttore del dibattito.
Per impedire lo sfollamento della sala a proiezione ultimata, il regolamento richiede ai soci, oltre all’acquisto della tessera, l’accettazione della “metodologia” del cineforum, cioè l’impegno di trattenersi per un tempo minimo (mezz’ora dalla fine del film). Il direttore del dibattito coordina gli esperti che esprimono, secondo le proprie competenze, pareri e giudizi estetici o morali, sollecita le domande del pubblico, restìo a scoprire perplessità o dissensi, a volte bloccato dal panico dopo le argomentazioni degli esperti.
Tra i film discussi nel 1959, L’urlo e la furia di Martin Ritt viene affrontato da padre Covi per la parte morale, dal professor Pullini per la parte estetica, in particolare l’analisi della fonte letteraria (il romanzo di William Faulkner), e dall’avvocato Giudice per la parte sociologica, mentre I soliti ignoti di Monicelli è ritenuto “così piacevole e così divertente da far dimenticare l’abitudine ormai da tempo contratta alla discussione e alla polemica” (“La Gazzetta del Veneto”, 25-02-1960). In un bilancio di fine rassegna, Peschechera, commentando il buon esito di film ritenuti difficili, sottolinea l’importanza del cineforum nella formazione di “spettatori “educati” ad apprezzare i meriti e i valori psicologici delle varie cinematografie” ed esprime la convinzione che esso sia responsabile dell’affinamento del pubblico delle prime visioni cittadine (“Il Gazzettino”, 16-6-1960). L’attenzione della stampa, nella cronaca locale, è sistematica e i resoconti dei dibattiti, a volte anonimi o solo siglati, accompagnano tutte le proiezioni. Pur confondendo l’autore di Orfeo negro, Marcel Camus, con il romanziere Albert (“Come già Cocteau, Camus ha voluto provare le sue qualità di scrittore attraverso la macchina da presa”), Vito Peschechera si sofferma sul dibattito (“il punto più importante”) svoltosi tra una “giuria” coordinata da padre Covi e composta da padre Giuseppe Melinato (“Civiltà Cattolica”), da Alessandro Prosdocimi, direttore del Museo Civico, e dallo studente del CUC Giuseppe Grisi: “L’osservazione più importante, a parer nostro, è stata quella del prof. Prosdocimi che ha rilevato nel film due stili separati di pittoricismo: l’uno impressionista, comune a tutti i film francesi a colori, e l’altro più surrealista e nuovo presente in parecchie fulminee sequenze” (“il Gazzettino”, ritaglio s.d.).
Per differenziare l’offerta tra i fruitori, secondo il grado di maturità del pubblico e il contenuto morale del film, vengono istituite tre sezioni: per i professionisti, per gli studenti universitari e per quelli delle medie superiori, con proiezioni serali e pomeridiane. Per il 1963-64 agli studenti medi sono riservati tre cicli “elementari”, con un dosaggio di divertimento e impegno: i generi del cinema (dal western al comico), i grandi “leoni” (film variamente premiati), le relazioni umane.
Nel 1960 il Corso di Cultura Cinematografica si intitola alla “Discussione critica del film”, dividendosi tra lezioni, nell’Aula dei Cento, e proiezioni, nella sala dell’Antonianum. L’interesse è posto in egual misura sulla “tematica” e sullo “stile” del film, sugli aspetti estetici e su quelli etici, finalizzando le lezioni ai “compiti del direttore del dibattito”. Alla fine del corso un colloquio permette ai frequentatori di ottenere l’attestato per dirigere un cineforum. La moltiplicazione dei cineforum in città, in periferia e in provincia è, sicuramente, uno dei risultati diretti del successo dell’esperienza all’Antonianum, che serve da ineguagliabile modello per le parrocchie e circoli culturali.
Numerosi sono stati anche, nel corso degli anni, gli incontri padovani con autori cinematografici, chiamati a presentare le loro opere, da Nanni Loy a Ermanno Olmi, da Nelo Risi (Diario di una schizofrenica) a Valerio Zurlini (Seduto alla mia destra).
Alla fine degli anni Settanta, la stagione della contestazione non poteva lasciare traccia sull’attività dell’Antonianum, dall’accusa per le scelte ritenute troppo generiche (cfr. Orio Caldiron, “Il Resto del Carlino”) al calo degli iscritti.
Ma già nel 1973 la crisi poteva ritenersi superata e l’Antonianum si associa alla federazione dei cineforum (Cinit), dalla quale è uscito solo recentemente (primavere 1997). Negli anni Ottanta si contavano fino a 300 studenti medi e 900 tra universitari e professionisti iscritti. Con il modificarsi del panorama della comunicazione negli ultimi anni si sono aggiunti i corsi di cultura audiovisiva, le cui lezioni vengono raccolte in quaderni: nel 1990 “Dal cinema alla videorealtà: spettacoli e spettatori dentro e fuori la TV”, nel 1991 “Cinema, televisione, società”, nel 1992 “Cinema e racconto”, nel 1993 “Cinema: l’immagine e il suono”.
L’attenzione, che da oltre mezzo secolo l’Antonianum dedica alle forme dello spettacolo, sembra contraddire una regola di padre Stanislao Giuseppe Leonardi, fondatore della prima residenza dei gesuiti a Padova (“L’andare ai pubblici teatri è assolutamente proibito”), ma il Regolamento del 1975 fissa le finalità del Cineforum in questi termini: “Esso si propone l’analisi e la valutazione del fenomeno filmico, nell’attenta considerazione dei valori umani e cristiani”, mentre padre Covi sintetizza l’essenza del cinema nella “verità alla luce della bellezza”. Il linguaggio cinematografico e le sue espressioni continuano a godere delle considerazioni principalmente come veicolo di un contenuto, di un messaggio, che l’analisi del film insegue e sottolinea nel suo avvicinarsi a, o allontanarsi da, un codice obiettivo di valori morali, prima che estetici.




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giovedì 2 luglio 2009

Il primo post...

Eccoci...il Cineforum Antonianum all'alba della 63° edizione diventa sempre più web 2.0!

Dopo il gruppo su facebook ecco il blog!


e adesso spazio ai commenti :-)