mercoledì 15 maggio 2013

Oggi inizia il Festival di Cannes.


Il grande Gatsby, il film che ha inaugurato ufficialmente la 66esima edizione del Festival di Cannes. Diretto da Baz Luhrmann ed interpretato da Leonardo Di Caprio, Carey Mulligan e Tobey Maguire. 





 di Marianna Cappi   (mymovies.it)

Nella primavera del 1922, il giovane Nick Carraway si trasferisce a Long Island, in una villetta che confina con la villa delle meraviglie di Gatsby, un misterioso milionario che è solito organizzare feste memorabili e del quale si dice di tutto ma si sa molto poco. Cugino della bella e sofisticata Daisy Buchanan, moglie di un ex campione di polo, Nick viene a conoscenza del passato intercorso tra Daisy e Gatsby e si presta ad ospitare un incontro tra i due, a cinque anni di distanza. Travolto dal clima ruggente dell'età del jazz, da fiumi di alcol e dalla tragedia di un amore impossibile, Nick si scoprirà testimone, complice e disgustato, del tramonto del sogno americano.  Tra la versione del 1974, sceneggiata da Coppola ma cinematograficamente poco consistente, e la rilettura odierna firmata Baz Luhrmann, che invece carica l'impianto visivo fino quasi a soffocare la voce amara e toccante del romanzo di Scott Fitzgerald, è lecito sognare una giusta temperatura di trasposizione, che resta ancora ideale, e rinnova la sfida ai cineasti a venire, com'è nella natura dei grandi classici di fare.  Non c'è dubbio, infatti, che nel libro di Fitzgerald ci sia un corpo che domanda di essere tradotto esattamente con il linguaggio del cinema e della musica: è quello che parla della trasformazione fisica del protagonista, dei costumi che indossa, dell'architettura che abita, degli straordinari eventi che ospita; dell'epoca che incarna. E non è tanto su questo fronte, come verrebbe da pensare pregiudizialmente, che il film di Luhrmann è ridondante: il regista australiano sa animare come pochi altri una festa cinematografica e qui lo conferma a più riprese, sulle note di un r'n'b contemporaneo che aspira a giocare il ruolo inebriante che all'epoca giocava il jazz. Ma c'è anche un'anima, nel romanzo, autobiografica e disperata, che parla molto più in sordina di quanto non faccia il film di Luhrmann, che pecca in più riprese di un'eccessiva esplicitazione dei sentimenti in campo, si compiace rovinosamente nel finale, e di fatto non trova una via altrettanto personale, se non quella di ripetere modi e caratteri di Moulin Rouge.  Tobey Maguire, nei panni di Nick Carraway, sembra infatti ricalcare la figura dello scrivano tragico di Ewan McGregor, al punto che il regista inventa per lui una cornice gemella e superflua, mentre il Gatsby di Leonardo Di Caprio, straordinario nella performance silenziosa e nella restituzione della solitudine del sognatore e dell'ambizioso (anche in virtù dei ruoli già indossati che si porta appresso), subisce suo malgrado la sorte del film a cui dà il nome, perdendo mistero e fascino man mano che l'orologio scorre e tentando invano di elevare la tensione alzando la voce.  D'altronde, insistendo sul tema del guardare e dell'essere guardati, è il regista stesso a fornire un'indicazione per la lettura del suo lavoro. Nick è un osservatore della vita, un voyeur, Gatsby ha la fama di essere una spia e vive per raggiungere quella luce verde al di là dell'acqua che guarda senza posa, i due si tengono sotto controllo dalle rispettive finestre, mentre un paio di giganteschi occhi maschili (simili a quelli di donna dipinti da Francis Cugat, che Fitzgerald volle come copertina) scruta come un dio pagano il distretto operaio dove i ricchi sostano per il tempo dei loro sporchi comodi. Luhrmann, cioè, denuncia per primo e ribadisce ad oltranza il carattere eminentemente visivo del proprio operato, invitando il pubblico a godere dei fuochi d'artificio, dello "spettacolo spettacolare", e dissuadendolo dal "pretendere troppo", come impudentemente osa invece fare Gatsby.











venerdì 3 maggio 2013

9 maggio - cinecena - L'Ombra del dubbio

 Shadow of a Doubt 


Zio Charlie _ ricercato dalla polizia come pluriomicida _ torna in famiglia nella quieta cittadina californiana di Santa Rosa. Sua nipote Charlie è sedotta dal suo fascino, ma comincia a sospettare di essere la prossima vittima. Uno dei migliori film di Hitchcock per la magistrale descrizione dell'ambiente, l'inquietante complessità psicologica dei personaggi, il telepatico "gemellaggio" di zio e nipotina con lo stesso nome, l'incerta linea di separazione tra il normale e l'anormale, la sottigliezza della suspense, lenta ma inesorabile. Hitch era orgoglioso della collaborazione alla sceneggiatura dello scrittore Thornton Wilder (con Sally Benson e Alma Reville). T. Wright non è mai stata così brava. Rifatto nel 1959 con Step Down Terror da Harry Keller con Charles Drake e Colleen Miller, inedito in Italia.


Quando: Giovedì 9 maggio 2013
Ore: 19.00
Dove: Sede Circolo The Last Tycoon via C. Battisti 88
Cosa: proiezione del film in lingua originale sottotitolato in ita
Ore 21: cena presso l'Hostaria, via San Biagio 58

Costo: €15