lunedì 30 maggio 2016

martedì 31 maggio - Taxi Teheran di Jafar Panahi

Seduto al volante del suo taxi, Jafar Panahi percorre le animate strade di Teheran. In balia dei passeggeri che si susseguono e si confidano con lui, il regista tratteggia il ritratto della società iraniana di oggi, tra risate ed emozioni.

Nel 2015, durante il Festival di Berlino, Jafar Panahi ha rivelato al pubblico TAXI TEHERAN. Si tratta del primo film che il regista iraniano ha girato, da solo e in esterni dal 2010, piazzando la telecamera sul cruscotto del suo taxi e mettendosi alla guida, attore, per le vie di Teheran; questo nonostante il divieto di girare imposto dal regime. 

TAXI TEHERAN è un film pieno di umorismo, poesia e amore per il cinema, osannato unanimemente dalla critica di tutto il mondo, viene acclamato anche dalla giuria presieduta dal cineasta americano Darren Aronofsky e ottiene l’Orso d’oro oltre al Premio Fipresci che viene consegnato alla piccola Hana Saeidi, nipote del cineasta e interprete del film. 

«Le restrizioni sono spesso fonte d’ispirazione per un autore poiché gli permettono di superare se stesso. Ma a volte le restrizioni possono essere talmente soffocanti da distruggere un progetto e spesso annientano l’anima dell’artista. Invece di lasciarsi distruggere la mente e lo spirito e di lasciarsi andare, invece di lasciarsi pervadere dalla collera e dalla frustrazione, Jafar Panahi ha scritto una lettera d’amore al cinema. Il suo film è colmo d’amore per la sua arte, la sua comunità, il suo paese e il suo pubblico...» così Darren Aronofsky, Presidente della giuria del Festival di Berlino 2015, in occasione della consegna dell’Orso d’oro a “Taxi Teheran”. 








lunedì 16 maggio 2016

Martedì 17 maggio - THE TRIBE di Myroslav Slaboshpytskkiy

Cannes 2014: Grand Prix della Semaine de la Critique 
27° European Film Awards: Premio FIPRESCI


Sergey, sordomuto, arriva in un collegio per ragazzi affetti dalla stessa problematica. In questo nuovo contesto, dovrà lottare per conquistare il proprio spazio all’interno della gerarchia criminale che, fra violenze e prostituzione, regola la vita dell’istituto. Coinvolto in un serie di furti, Sergey si guadagnerà presto la fiducia dei compagni. Ma l’amore per Anna, una delle ragazze del gruppo, lo porterà a infrangere pericolosamente tutte le regole del branco



[...] L'aspetto interessante di The Tribe non è tanto che i teppisti in questione sono un gruppetto di sordomuti rappresentati fuori di ogni stereotipo sul disabile; quanto che il linguaggio dei segni tramite il quale comunicano si traduce in puro linguaggio di cinema, trasmettendo senso ed emozioni senza bisogno di parole e didascalie. […] 
( Alessandra Levantesi - La Stampa)


[…] È una pellicola non buonista, nel senso più comune del termine. Non è fatta per impietosire lo spettatore. Anzi, la trama sembra studiata apposta per rendere odiosi i suoi protagonisti. Non parteggerete per loro. Sullo schermo non penserete al fatto che i protagonisti siano degli autentici sordomuti, ma dei brutali mascalzoni. Un film crudo che tocca, in alcuni momenti, picchi di violenza inauditi.[...] 
( Maurizio Acerbi – Il Giornale)




martedì 10 maggio 2016

Martedì 10 maggio_VIZIO DI FORMA di Paul Thomas Anderson ( V.O)

Indipendent Spirit Award 2015: Premio “Robert Altman”

L’ex compagna del detective Doc Sportello si rifà viva all’improvviso con una storia sul suo attuale fidanzato miliardario, del quale, si da il caso, sia innamorata. Le trame della sua ex moglie e del suo ragazzo per rapire il miliardario, portano il detective sull’orlo della pazzia…

Siamo alla fine degli psichedelici anni ’60, ‘paranoia’ è la parola più ricorrente ‘ e Doc sa che “love” è un’altra delle parole, come “trip” o “groovy”, che vengono usate a sproposito—solo che quest’ultima in genere porta guai.




Vizio di forma, un noir, un thriller, un sogno psichedelico, che il venerato regista americano Paul Thomas Anderson, a 45 anni, ha osato, primo e forse ultimo al mondo, trarre da un romanzo di Thomas Pynchon (Inherent Vice del 2009) […] In certi momenti il film pare Chinatown di Polanski (1974), in altri Il lungo addio di Altman (1973), ma Anderson è ovunque e pure Pynchon. È un labirinto di fatti, luoghi, personaggi che si inseguono, ed è come se anche lo spettatore scivolasse nella storia come in una nebbia: e infatti pare normale che gli intrecci si accumulino e si sfaldino senza che a Doc, ma anche a noi, importi il nesso e pretenda una soluzione. Ma poi il senso c’è.[…]” ( Natalia Aspesi - la Repubblica)


Vizio di forma è brillantemente segnato da Jonny Greenwood, è un viaggio mentale di Anderson, dove il jazz irrompe con un riverbero che può lasciare storditi, confusi e persino infastiditi. Ma senza dubbio siete nelle mani di un maestro”.(Peter Travers - Rolling Stone)




domenica 1 maggio 2016

Martedì 3 aprile - Whiplash di Damien Chazelle

Golden Globe 2015 a J.K. Simmons come miglior attore non protagonista;
Oscar 2015 per: miglior attore non protagonista (J.K. Simmons), montaggio, missaggio sonoro; Sundance Film Festival 2014: Premio della giuria e del pubblico.

Andrew, diciannove anni, sogna di diventare uno dei migliori batteristi di jazz della sua generazione. Ma la concorrenza è spietata al conservatorio di Manhattan dove si esercita con accanimento. Il ragazzo ha come obiettivo anche quello di entrare in una delle orchestre del conservatorio, diretta dall’inflessibile professore Terence Fletcher. Quando infine riesce nel suo intento, Andrew si lancia, sotto la sua guida, alla ricerca dell’eccellenza.





"Adrenalinico esordio autobiografico in perfetto ritmo 'jazzy' di Damien Chazell, filmmaker e batterista 'fino al sangue alle mani', 'Whiplash' si nutre di esperienza musicale, di buona tecnica cinematografica e di attori ad alto livello. Per chi ama le sfide, non solo musicali." 
(Anna Maria Pasetti - Il Fatto Quotidiano)


“Whiplash, dal Sundance all’Oscar, via Cannes. Un film sorprendente che nella prima mezzora sembra una specie di “Full metal jacket” del pentragramma, per toccare poi anche momenti horror, facendo affiorare infine un senso simbolico, dove in realtà il musicista è in lotta solo con sé stesso per raggiungere finalmente la piena consapevolezza dei propri mezzi. Grande film, che piacerà non solo agli appassionati di musica.” (Adriano De Grandis - Il Gazzettino)