domenica 26 febbraio 2017

Martedì 28 febbraio_PECORE IN ERBA di Alberto Caviglia

Per l'iniziativa "Corti in Sala" in collaborazione con il Centro Nazionale del Cortometraggio, la visione di  " Pecore in erba" verrà introdotta dal cortometraggio OFFICE KINGDOM  di Salvatore Centoducati, Giulio De Toma, Eleonora Bertolucci.


In un tranquillo ufficio un cliente attende per l'approvazione della sua pratica, ma per l'impiegata non sarà semplice ottenere il timbro giusto.

PECORE IN ERBA di Alberto Caviglia (Italia 2015) 
Commedia, 87 min


72. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica Di Venezia (2015)
Premio Arca Cinemagiovani - Miglior film italiano a Venezia
Orizzonti - Premio cinematografico "civitas vitae prossima" 

Luglio 2006. Leonardo Zuliani è scomparso.Da Trastevere la clamorosa notizia diventa vera e propria emergenza nazionale mentre un innumerevole gruppo di seguaci si accalca davanti alla casa del giovane attivista. La mamma è disperata, il quartiere paralizzato. Alla televisione ogni canale parla di lui, tutte le autorità esprimono la loro solidarietà alla famiglia. Molti non vogliono crederci, forse sperano sia un'altra delle sue trovate. Genio della comunicazione, fumettista di successo, stilista visionario, scrittore di grido, attivista dei diritti civili: ma chi è veramente Leonardo?


“Lo spaesamento di Pecore in erba è salutare, una medicina per almeno provare a non lasciarsi andare alla deriva dell'intelligenza e dei sentimenti. (...) Un'opera da proiettare agli studenti in modo che non crescano altri Zuliani e che un perverso sistema di comunicazione non versi lacrime sulla sua scomparsa." (Natalino Bruzzone - Il Secolo XIX)

“L'esordio del 31enne Alberto Caviglia Pecore in erba sceglie un terreno diserto dal nostro cinema: il mockumentary, il finto documentario, per mettere alla berlina l'antisemitismo non con le solite rampogne civili bensì con il capovolgimento e la satira. II modello è il primo Woody Allen, quello di 'Prendi i soldi e scappa' e 'Zelig', gli esiti deformanti e ridanciani, s'intende, con la testa." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano', 1 ottobre 2015)

lunedì 20 febbraio 2017

Martedì 21 febbraio - IL DIRITTO DI UCCIDERE (Eye in the Sky) di Gavin Hood

Per l'iniziativa "Corti in Sala" in collaborazione con il Centro Nazionale del Cortometraggio, la visione di  " Il diritto di uccidere" verrà introdotta dal cortometraggio. Ghigno Sardonico di  Fulvio Risuleo


Due amici scoprono che con un macchinario auto costruito si può sentire la “voce” delle piante recise. Vanno in una serra per tagliare tutto e così creare un vero e proprio concerto.


Il diritto di uccidere (Eye in the Sky)
di Gavin Hood (Gran Bretagna 2015) Thriller, 102 min.



Il colonnello inglese Katherine Powell dirige a distanza un’operazione contro una cellula terroristica a Nairobi. Il suo “occhio” sul campo è un drone pilotato in Nevada dal giovane ufficiale Steve Watts, ma quando diventa inevitabile sferrare un attacco entrambi realizzano che anche una bambina innocente finirebbe tra le vittime. Mentre nessun politico nella “war room” londinese vuole prendersi la responsabilità di una decisione, una drammatica serie di eventi fa precipitare la situazione.



“Intenso dramma di filosofia morale, il film è solo mirabilmente 'travestito' da 'war movie': alla base dell'indagine, il tema della responsabilità etica in materia di sicurezza civile di una nazione che dovrebbe far capo alla classe politica della nazione stessa. Laddove si impone il diritto/dovere di prendersi delle responsabilità 'ultime' sulle vite altrui cessa ogni risposta lasciando spazio unicamente alle domande. Illuminante" (Anna Maria Pasetti - Il Fatto Quotidiano)

“Avvincente ritratto fra diversi poteri in gioco, Il diritto di uccidere propone una perfetta miscela di dramma e commedia nera sulla guerra di oggi” (Francesco Bruni – Movieplayer.it)

lunedì 13 febbraio 2017

Martedì 14 febbraio - Weekend di Andrew Haigh (V.O)

Per l'iniziativa "Corti in Sala" in collaborazione con il Centro Nazionale del Cortometraggio, la visione di "Weekend " di Andrew Haigh verrà introdotta dal cortometraggio

Ruggero di Franco Dipietro

La storia di come tutti noi reagiamo quando le cose a cui teniamo di più sono in pericolo. Il progetto nasce dalla storia vera di un ragazzo down di 33 anni che fa di tutto per trattenere a sé l’amore della sua vita.


Weekend di Andrew Haigh 
Drammatico-Romantico, 96 min. – in V.O. Sottotitolata
British Indipendent Film Awards 2011: Miglior Produzione e Miglior Attore Esordiente


Russell conosce Glen in un locale e si risveglia al suo fianco la mattina dopo. Quella che sembra solo l’avventura di una notte si trasforma però in qualcosa di più: nell’arco del weekend i due arriveranno a condividere sentimenti, ricordi, paure e desideri, fino a scoprirsi all’inizio di un’imprevista e travolgente storia d’amore




“È il clima di assoluta, disarmante, quotidiana, ma proprio per questo coinvolgente normalità creato da Haigh e dai suoi due prodigiosi attori a catturare fin dalle prime scene. Ed è l'insolita, circospetta e infine spericolata onestà di questi due ragazzi (...) a fornire la discreta ma solida intelaiatura drammaturgica di un film che non ha un'inquadratura, un silenzio o uno sguardo di troppo. 
(Fabio Ferzetti – Il Messaggero)

"Girato prima di 45 anni, ma segretamente complementare, il primo film di Andrew Haigh è consigliabile, utile e proteso a capire che cosa renda importante un incontro fortuito, magari in un bar gay di Nottingham. (...) Quello che convince è la padronanza collegata di immagini e parole in un dialogo che non perde un colpo, due volti inediti ma che sembra di aver sempre conosciuto." (Maurizio Porro - Corriere della Sera)


lunedì 6 febbraio 2017

Martedì 7 febbraio - Dio esiste e vive a Bruxelles


"Dio esiste e vive a Bruxelles"
(Le Tout Nouveau Testament) di Jaco Van Dormael

Lussemburgo/Francia/Belgio 2015 - Commedia - 113 minuti




Se Dio esiste ha l’aspetto di uno stempiato uomo di mezza età con un brutto carattere, e sicuramente vive a Bruxelles. Questo secondo il regista Jaco Van Dormael, che ci racconta la storia del nuovo testamento di Ea, la secondogenita di Dio alle prese con una missione di dimensioni bibliche: riuscire a essere migliore di suo padre.




"Anche se religiosamente scorretto, è un irresistibile e divertente lavoro di immaginazione". Deborah Young - Hollywood Reporter

“Io e il co-sceneggiatore Thomas Gunzig volevamo creare una storia religiosa un po’ surrealista, con dei ruoli femminili molto importanti, dato che nei vari testamenti le donne non sono quasi mai presenti. Non abbiamo voluto parlare di religione, ma di meccanismi di potere, della società, della famiglia. Questo Dio crudele rappresenta l’autorità, l’obbedienza, la paura, la punizione; mentre Ea, la figlia di Dio, dice di non aver paura, ma di essere felici e godersi la propria vita. L’obiettivo, anzi, l’utopia è quella di ridere di tutto con tutti.” Intervista a Jaco Van Dormael riportata da Margherita Bordino su Cinematographe.it




venerdì 3 febbraio 2017

Commento al film "Il figlio di Saul"

«Aver concepito ed organizzato i Sonderkommandos è stato il delitto più demoniaco del nazionalsocialismo. [...] Attraverso questa istituzione, si tentava di spostare su altri, e precisamente sulle vittime, il peso della colpa, talché, a loro sollievo, non rimanesse neppure la consapevolezza di essere innocenti ».

Così scrive Primo Levi ne "I sommersi e i salvati", inquadrandoperfettamente il contesto in cui il nostro film si svolge. Saul fa parte del Sonderkommando ad Aushiwitz, verso la fine del conflitto, e per sopravvivere alla morte e all'orrore che vede ogni giorno è diventato freddo e meccanico. Un giorno però qualcosa cambia, quando tra i corpi dei prigionieri nelle camere a gas lui riconosce un ragazzo. Per riuscire a dare sepoltura a questo bambino Saul metterà a rischio la sua vita e il tentativo di evasione dei suoi compagni, votandosi solo e soltanto all'inumazione secondo tradizione ebraica di suo figlio.

Il regista Laszlo Nemes riesce a proporci la storia di questo inusuale protagonista escludendo tutto ciò che avviene intorno a lui, dando per scontato che noi spettatori conosciamo ormai i meccanismi interni al campo di sterminio. La telecamera segue come un'ombra Saul e i suoi movimenti, aiutandoci a entrare in sintonia con la sua fatica e con la sua speranza.
Il suo cieco amore per questo bambino non viene mai spiegato con chiarezza. Sebbene Saul sostenga che si tratti di suo figlio in molti momenti questo legame viene messo in discussione. Si tratta davvero di suo figlio? Non è necessario conoscere la risposta, perchè in ogni caso l'amore di Saul è un amore disinteressato per il futuro, per una possibilità di pace e per la memoria dell'orrore a beneficio delle future generazioni. 
Noi entriamo nel film grazie a Saul ma ne usciamo come suoi figli.


Il film ha vinto 47 premi in tutto il mondo, a dimostrazione dell'universalità del messaggio che porta.